Sono lontani i tempi in cui si immaginava la comunicazione come il transito di un liquido in un condotto. Subito dopo il 1945 era molto diffusa l’idea che il modello “elettrotecnico” della comunicazione via telefono potesse essere considerato l’archetipo di ogni forma di comunicazione: c’è un emittente, un ricevente, un canale che trasporta il messaggio.
La comunicazione è un avvenimento che si realizza quando tutti gli elementi in gioco sono soggetti, allo stesso tempo artefici e destinatari del messaggio.
Ma questa acquisizione non garantisce ancora la buona comunicazione. Come sempre, il surrogato assomiglia all’originale ma ne è in realtà molto distante. Limitiamoci ad alcuni esempi.
Si può sfruttare la rete di conoscenze delle persone. Un piccolo premio per chi arruola nuovi clienti mettendo a reddito i propri rapporti sociali. Così propone suadente una nota Società: “Caro…, partecipa a “…., protetti e premiati” la nuova iniziativa di … che premia te e i tuoi amici. Invita tutti i tuoi amici tramite email o Facebook: per ogni amico che acquista una assicurazione …. ricevi 50 punti per un controvalore di € 50, fino ad accumulare un massimo di 250 punti per i primi 5 amici. Puoi convertire i punti ricevuti in buoni carburante, ricariche telefoniche, Apple TV, Tablet o altri bellissimi premi. In più … premia tutti i tuoi amici che si assicurano: ad esempio se 100 dei tuoi amici fanno una assicurazione tutti 100 saranno premiati con 50 punti, e tu riceverai € 250 spendibili in buoni carburante o nei premi riportati nel sito dell’iniziativa. Cosa aspetti?È semplice e gratuito: iscriviti”. Amicizie disinteressate.
Si può fare gioco sulla voglia di sentirsi protagonisti, autori, magari “famosi” per un momento. Una società dolciaria ha chiesto ai consumatori lo slogan da utilizzare nelle proprie pubblicità. Ne sono venuti fuori frasi talmente banali da essere imbarazzanti, ma non importa: l’afflusso di candidati è stato immenso e l’effetto “spazzatura” ha sempre molto successo.
Ci si può affidare al narcisismo di massa. Prima un marchio internazionale di enorme forza pubblicitaria, poi anche un marchio italiano hanno proposto ai consumatori di mettere il loro nome sui prodotti. Vi immaginate quanto è cool bere da una lattina con il proprio nome o spalmare cioccolata dal barattolo col nome del familiare?
Infine, il volto. Alcuni social network si riserva il diritto di vendere le immagini dei profili per scopi pubblicitari. Ricevere pubblicità con un volto conosciuto ha ben altra forza: “Vogliamo offrire agli utenti, ai loro amici e alle persone nelle loro cerchie le informazioni più utili. I consigli da persone conosciute possono essere molto utili, quindi gli amici, la famiglia e altre persone potrebbero visualizzare il nome e la foto del profilo di un utente, nonché contenuti come le recensioni che condivide o gli annunci”
Potremmo continuare. Il punto è: siamo sicuri che chi intende lavorare per una buona comunicazione sia davvero consapevole dei bisogni di interazione, di riconoscimento, di relazione e coinvolgimento che sono necessari? Perché dobbiamo accontentarci dei surrogati?