Comunicazione Guardare assieme uno schermo

Guardare assieme uno schermo



Deploriamo spesso il fatto che un po’ tutti ci ritroviamo a guardare uno schermo per la maggior parte della giornata: televisione,  tablet, computer, telefoni più o meno “intelligenti”. In realtà non si tratta necessariamente dello stesso gesto e ancor meno degli stessi atteggiamenti. Guardare per ore lo schermo del televisore, magari abbandonandosi alla titillazione ipnotica del cambio compulsivo dei canali (zapping) implica un atteggiamento fortemente passivo. A volte si è obbligati per lavoro a stare davanti al monitor del pc, ma questo è pur sempre anche un valore – e comunque l’eventuale disvalore non è legato allo schermo, ma all’impostazione del lavoro stesso (si veda il caso estremo dei call center). Ma cosa pensare degli schermi che si affacciano sull’oceano della Rete?

Dipende.

Anche in questo caso può vincere lo zapping, una pratica che qui ancora più alienante. Va notato che la pratica della navigazione in Rete, se casuale e motivata solo dal bisogno di soddisfare una generica e mediocre “curiosità”, favorisce la produzione di testi e video sempre più brevi. I quali, per emergere e frasi scegliere, tendono ad aumentare il tasso di “trash”, cioè di aspetti demenziali presenti.

Ma sbaglieremmo a non vedere altri aspetti nell’orizzonte degli schermi digitali. C’è un gesto assolutamente naturale che viene compiuto quando ci si scambia lo spmartphone con un video o un’immagine sopra. È il gesto della condivisione di un contenuto mentale, resa possibile dalla sua oggettivazione in un elemento terzo. Sono sguardi che si posano assieme su un oggetto terzo. La comunicazione ha bisogno di un elemento terzo, di un oggetto da condividere.

Non è tutto bello quello che accade nel mondo della comunicazione digitale. In certi casi accade che il telefonino giri tra un gruppo di amici con lo scopo di sghignazzare su video demenziali, ancor peggio su video che prendono di mira compagni di scuola o persone che il branco ha messo sotto tiro.

E tuttavia sbaglieremmo a fermarci qui. Dobbiamo saper cogliere le potenzialità insite nel gesto della condivisione dello schermo. Gli studiosi parlano di join attention task. L’attenzione congiunta si realizza quando due individui condividono lo stesso focus. Le persone si guardano, poi dirigono assieme lo sguardo su un oggetto terzo. Quando tornano a guardarsi le loro menti hanno condiviso un contenuto mentale, si è realizzata una comunicazione. È quello che accade quando un genitore legge un libro al bambino e pongono entrambi l’attenzione sulle figure. La scoperta scientifica e documentata di questa caratteristica risale al 1975. Già a dieci mesi i bambini sanno seguire la direzione dello sguardo. Un adulto può così portare l’attenzione del bambino su di un oggetto semplicemente con lo sguardo. L’attenzione congiunta è importante per il linguaggio, la comprensione, la produzione.

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