«L’arcobaleno, questa volta, lo vogliamo prima della tempesta, non dopo. La pace deve precedere, impedire la guerra, per non essere soltanto un doloroso bilancio di rovine».
Gianni Rodari).
Spendiamo miliardi per preparare la guerra, impieghiamo “think tank” affollatissimi e superpagati per delineare tutti i possibili scenari bellici, coinvolgiamo il sistema dei media per convincere della inevitabilità della guerra e del fatto che comunque noi (qualsiasi sia questo “noi”) siamo dalla parte giusta. e la solita frase: “Tutti preferiremmo la pace alla guerra. Ma ormai è così, non abbiamo altra scelta“.
Oggi è il 24 agosto: sono passati sei mesi dalla sciagurata aggressione russa all’Ucraina. Ancora una guerra (una “guerra”, non una “operazione militare speciale” come viene definita nella “neolingua” del potere. E ancora una volta è evidente che la guerra è “avventura senza ritorno”. Come è evidente la sproporzione tra le risorse messe a disposizione della guerra e quelle della pace. Per questo, come scrive Rodari, l’arcobaleno ci serve soprattutto prima. Non è utopia, ma realismo vero. Lo pseudorealismo di chi si rassegna alla inevitabilità della guerra è la sconfitta della politica. Quante altre guerre si stanno preparando a causa della mancanza di iniziative a favore della pace e della giustizia?
Non fare nulla per preparare la pace , fare tutto per preparare la guerra. E poi dire: Non c’è alternativa. E se mettiamo al lavoro le persone, utilizzassimo finanziamenti adeguati, sviluppassimo tecniche nonviolente ma efficaci di gestione dei conflitti? Il conflitto è inevitabile, ma la guerra è la sconfitta della politica. Non confondiamo conflitto e guerra. L’arcobaleno lo vogliamo prima. E per averlo prima occorre prendere delle decisioni e assumersi responsabilità.